Rifondazione Comunista non ha aderito alla protesta del 9 dicembre perché priva di una piattaforma rivendicativa. Durante l’incontro tenutosi qualche giorno prima in sezione con alcuni esponenti del movimento 9 dicembre abbiamo riscontrato alcune criticità; La mancanza di rivendicazioni reali. Chiedevano espressamente la caduta del governo Letta-Alfano, nuova legge elettorale con il limite dei due mandati e lo slogan del “tutti a casa”; a tutto ciò si aggiunge la richiesta di un governo transitorio militare. Dopo alcune ricerche, abbiamo riscontrato che tra gli organizzatori della protesta c’erano gruppi di matrice fascista come forza nuova e casapound.
La situazione socio-economica dell’italia, come di gran parte del mondo occidentale, è connotata da una forte crisi del sistema capitalistico con un crescente disagio sociale a cui vari governi nazionali non trovano un rimedio adeguato, ma bensì lo aggravano con politiche inadeguate di stampo neoliberista. Si taglia lo stato sociale, si riducono le conquiste del mondo del lavoro (riforma Fornero, deregolamentazione del diritto allo sciopero, precarizzazione del lavoro, trasferimento all’estero delle aziende), privatizzazione dei servizi pubblici, svendita del patrimonio dello Stato, distruzione dell’istruzione pubblica, tutto ciò ,e molto altro, tra l’indifferenza dei cittadini italiani.
Riteniamo che per poter migliorare le condizioni della popolazione, aldilà di una rivoluzione di stampo comunista, servirebbe una ridistribuzione del reddito, gestione da parte dei lavoratori di quelle aziende la cui proprietà vorrebbe delocalizzare, ridurre le spese militari destinando maggiori risorse per lo stato sociale.
Di questa protesta condanniamo, oltre la mancanza di propositività e strumentalizzazione politica,anche l’utilizzo della malavita organizzata, sia locale che limitrofa, per costringere i negozianti restii alla serrata .
Invece comprendiamo il disagio socio-economico crescente che si sta vivendo, che deve essere da stimolo per una partecipazione della gente sempre maggiore alle decisioni politiche, e non solo ad estemporanei momenti di protesta.